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Il termine buco nero (black hole) è stato coniato solo di recente. Esso fu creato nel 1969 dal fisico John Wheeler. Questo termine descriveva efficacemente un’idea di almeno due secoli prima. Gli studi sui buchi neri ebbero inizio nel 1783, quando John Michell, uno dei grandi scienziati dimenticati del XVIII secolo, pubblicò nelle Philosophical transactions of the Royal Society of London un saggio in cui precisava che una stella di massa e densità abbastanza grandi avrebbe avuto una gravità tale che la luce non avrebbe potuto uscirne. Un raggio di luce emesso dalla superficie della stella sarebbe stato trascinato all’indietro dall’attrazione gravitazionale della stella. Michell capì che poteva esistere un gran numero di stelle con queste caratteristiche. La sua grande intuizione fu quella di immaginare la luce che lascia una stella simile a un razzo che lascia la terra. Per sfuggire completamente all’attrazione gravitazionale terrestre e viaggiare nello spazio un razzo ha bisogno di una velocità verso l’alto di 11 km/s, cioè superiore alla forza con cui la gravità lo attrae verso il basso. Michel non sapeva nulla di razzi sulla luna, ma sapeva che in teoria una stella molto grande poteva avere un’attrazione gravitazionale tale da inghiottire i raggi luminosi che viaggiano alla velocità di 300.000 km/s. John Michel calcolò che in un corpo con una massa molto grande la gravità sarebbe tale da impedire alla luce di sfuggire dalla sua superficie e ipotizzò che l’oggetto con la massa più grande dell’universo potrebbe essere invisibile. Nel 1795, il grande matematico francese Pierre Simon de Laplace calcolò che la luce non avrebbe potuto uscire da corpi abbastanza massicci, che chiamò corpi oscuri.

Ma si dovette attendere fino al 1939 per provare che i buchi neri potrebbero esistere nella realtà, e l’era atomica per capire bene qual’e il meccanismo alla base della loro formazione.

Nel 1939 J: Robert Oppenheimer e un suo studente, Hartland Snyder, mostrarono che una stella fredda e di grande massa deve collassare indefinitamente, diventando un buco nero. il lavoro di Oppenheimer-Snyder, che apparve quasi contemporaneamente all’articolo di Oppenheimer-Volkoff sulle stelle di neutroni, raggiungeva le stesse conclusioni: i buchi neri potevano esistere. Potevano essere oggetti reali, non solo giochi matematici di persone che si interessavano alla teoria di Einstein. Negli anni Sessanta, quando la teoria della relatività generale di Einstein tornò di moda, i buchi neri furono intensivamente studiati e furono chiarite in dettaglio le loro proprietà. Inoltre nella metà degli anni Sessanta gli scienziati calcolarono che non si possono avere stelle morte stabili maggiori di tre masse solari e dato che si osservano comunemente stelle (non ancora collassate) con masse molto più grandi, gli astrofisici hanno preso in seria considerazione l’idea che buchi neri si trovino sparsi nel cielo.

Ma per comprendere appieno come si possa formare un buco nero si deve attendere l’era atomica, periodo in cui si cominciò a capire meglio quello che accade all’interno di una stella.

Una stella è formata da tre parti principali:la superficie visibile, chiamata fotosfera;un inviluppo gassoso contenente la maggior parte della massa; un piccolo nucleo centrale. Il nucleo deve combattere la spinta gravitazionale dell’inviluppo. E svolge questo compito esercitando una pressione. Una stella può ottenere questa pressione dalla compressione del nucleo:il gas viene compresso, si riscalda e genera pressione sufficiente a sostenersi. Ma la contrazione darebbe energia a una stella come il sole solo per 15 milioni di anni, mentre il sole ha circa 4,57 miliardi di anni. Ci deve essere quindi un'altra fonte di pressione: questa fonte si chiama fusione termonucleare.

In una stella come il sole la reazione di fusione termonucleare avviene tra due atomi di idrogeno che ne formano uno di elio.

Quando finisce l’idrogeno la stella inizia a contrarsi. Se nella contrazione si raggiungono temperature di 108 K si innesca la reazione di fusione tra atomi di Elio. L’Elio fondendo genera Carbonio e Ossigeno, il Carbonio fonde in Neon e Magnesio; l’Ossigeno in Silicio e Zolfo, e Neon, Magnesio, Zolfo e il resto fondono in una serie di reazioni (capite solo in parte) per formare Ferro. Dal Ferro non avviene più nessuna reazione. E così il nucleo inizia a contrarsi. Se la stella ha meno di 1,5 masse solari (una volta e mezzo la massa del sole) la stessa densità della materia genera pressione in grado di sostenere la stella (pressione di degenerazione). È nata una nana bianca, una stella super densa, non più grande della terra. Una delle prime nane bianche scoperte è stata quella che orbita attorno a Sirio, la stella più luminosa del cielo, colosso del cielo invernale, Sirio B. Questa stella concentra una massa vicina a quella del sole in un volume vicino a quello della terra. È così molto denso. Basti pensare che una scatola di fiammiferi piena di materia solare peserebbe 15 grammi, mentre riempita di materia di Sirio B peserebbe 10 tonnellate, se fosse collocata qui sulla terra. Se la stella ha invece più di 1,5 masse solari la pressione di degenerazione non è più sufficiente. I neutroni collassano sul nucleo e la stella diventa una stella superdensa con la massa del sole racchiusa in una sfera di 20 km di diametro, circa la città di New York. Lì la materia collassa e diventa così densa che una parte di materia grande 1/100 di una capocchia di spillo peserebbe quanto 24 elefanti. È nata una stella di neutroni. Ma se la stella ha più di 3 masse solari il collasso è inevitabile. La massa della stella viene concentrata in un punto infinitamente piccolo e infinitamente denso. La gravità è così forte da non fare uscire nemmeno la luce. Per questo appare nera: si vede solo un buco nero nello spazio.

Ma come può manifestarsi un buco nero in tutta la sua potenza è una questione che viene studiata approfonditamente dal professor William Hawking.

Nato esattamente 300 anni dopo la morte di Galileo, Hawking occupa la stessa cattedra di Newton alla Cambridge University. La mente di Hawking si muove liberamente non nell’universo di Newton, ma in quello di Albert Einstein. Abbiamo l’abitudine di considerare - dice Hawking - la gravità come una forza che attrae gli oggetti verso la terra e questa verso il sole ma Einstein ha avuto la brillante idea di considerare la gravità come un effetto della curvatura dello spazio e del tempo in presenza di corpi molto grandi; egli ha compreso che niente può esistere in un certo spazio senza esistere contemporaneamente in un determinato tempo.

La spazio e il tempo sono legati insieme a formare la flessibile struttura quadro dimensionale dell’universo: il cosi detto spazio-tempo. Lo spazio-tempo è quasi impossibile da immaginare, poiché il nostro universo sensoriale è limitato alle tre dimensioni dell’esperienza quotidiana.

Per noi il modo più semplice di entrare nell’universo di Einstein è di immaginare che lo spazio e il tempo siano come un piano elastico. Se lo spazio-tempo fosse vuoto il piano sarebbe assolutamente privo di rilievi, ma corpi molto grandi come la terra e il sole piegano la superficie elastica dello spazio-tempo incurvandola. Questa curvatura è il concetto einsteiniano di gravità. Maggiore è la massa di una stella o di un pianeta, più grande è la curvatura dello spazio tempo attorno a essi, e maggiore è quindi la loro gravità.

Si immagini di lanciare su piano qualcosa di estremamente pesante come una stella che collassa su se stessa e vi troverete un universo pieno di buchi. Quando una stella gigantesca si raffredda man mano che implode piega sempre di più lo spazio-tempo intorno a sé. Quando raggiungerà un a certa massa critica creerà letteralmente un buco nero nello spazio-tempo. Gli oggetti possono precipitare in esso, ma è impossibile che riescano ad uscirne. Phil Charles, uno dei maggiori studiosi di buchi neri, si dedica a dar loro la caccia. Phil ha trovato forti segnali che indicano la presenza di un buco nero in un’area non lontana della nostra galassia. Come lui stesso dice, cercare questi corpi è un modo straordinario per avvicinarsi ai confini della fisica moderna. Di giorno Phil Charles tiene lezioni di astrofisica teorica alla Oxford University e di notte passa dalla teoria alla pratica cercando buchi neri dai più grandi telescopi della terra: Las palma e Hawaii nell’emisfero settentrionale, in Sudafrica, in Cile e in Australia. I cercatori di buchi neri utilizzano gli strumenti migliori per scrutare lo spazio profondo alla ricerca di questi oggetti misteriosi: dai satelliti a raggi x e dal telescopio Hubble in orbita ai migliori telescopi ottici e a onde radio sulla terra. I buchi neri per la loro stessa natura non possono essere visti, poiché la luce non riesce a uscirvi. La scienza ufficiale ha accettato l’idea che i buchi neri possono effettivamente esistere solo negli anni Novanta. La teoria ci insegna che all’interno dei buchi neri tutto ciò che sappiamo dell’universo e delle sue leggi non ha più valore.

 

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